Il primo Sì ci sfiora sulla pelle.
Secondo Sì ci apre al calore.
Il terzo Sì, caldo, ci scalda il cuore.
Il quarto è un fuoco che
ci scompiglia l’anima.
Ci avevi detto NO, notte balorda
ci avevi detto forse, albeggiando
ci avevi detto il dove, anche il quando
poi allo sfociar del sole
ancora in mezzo al dubbio, ci hai lasciati
attendendo lo strapotere dei maghi
della parola, del tacito consenso
come se quel dannato d’un tramonto
non potesse mutare
e fosse No la sillaba perfetta.
Invece Sì, a mucchi, strati, coltri
le frasi sopra al cuore
la sindrome del rancore che si muta
in languore d’abbracci
lenti come quel senso di vittoria
che non sapevamo più di possedere.
Come dal limbo spento nasca un fiore
come se dalla barca di Caronte
sbocciasse la fonte del piacere
del nostro folle, insano e sacro gesto
che ci renda la misura del non visto
del non sperato, del corredo che da sempre
abbiamo dentro, e finalmente
ci apparecchia al mondo
e finalmente ci sparecchia al cielo
dal velo di rassegnato moto perenne
che pensavamo fosse la realtà.
Riprendiamoci tutto, la notte
il filo d’aria, anche il destino
la luna, il senno, il senso e la misura
che non debba finire sul più bello
che non ci si svegli in mezzo al guado
che non ci venga mai a mancare il fiato.
Che non sia un POI, quel che abbiamo dentro
ma un grande ORA, fatto d’aria pura
di frasi a getto, di ridere alla sorte
di stridere al suono di cannoni
che ci sparano addosso, quasi a salve.
E salve a tutti allora
mordiamolo maturo il dolce frutto
e da questo gesto, momento
si ricominci il tutto.
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